Vai al contenuto

Il caso eccezionale di un uomo con Covid attivo per oltre 750 giorni sorprende la scienza

Virus gigante

Il caso eccezionale di un uomo immunodepresso che ha convissuto con il Covid-19 attivo per oltre 750 giorni, con decine di mutazioni del virus documentate.

Una scoperta sorprendente ha catturato l’attenzione della comunità scientifica: un uomo di 41 anni, immunodepresso e affetto da HIV-1, ha vissuto con un’infezione attiva da Covid-19 per più di 750 giorni. Questo caso, il più lungo mai documentato, non riguarda il Long Covid, ma una presenza continua del virus che ha subito numerose mutazioni. Lo studio, pubblicato su The Lancet Microbe e riportato da Fanpage, mostra come il virus si sia evoluto all’interno di un singolo individuo, sollevando interrogativi sull’adattabilità e la trasmissibilità del SARS-CoV-2 in pazienti con sistemi immunitari compromessi.

Vaccino Covid
Vaccino Covid

Il percorso del virus: oltre due anni di evoluzione continua

Il paziente ha contratto il Covid-19 a maggio 2020, in piena prima ondata della pandemia, quando le varianti attuali non erano ancora emerse. Al momento dell’infezione, il suo sistema immunitario era particolarmente debole a causa della mancanza di terapia antiretrovirale per l’HIV, con linfociti T significativamente ridotti. Durante i due anni di malattia, l’uomo ha sofferto di sintomi respiratori persistenti ed è stato ricoverato in ospedale cinque volte. Tra marzo 2021 e luglio 2022, i ricercatori hanno analizzato otto campioni del virus, scoprendo che il SARS-CoV-2 aveva accumulato 68 mutazioni di consenso e 67 sottoconsenso. Queste mutazioni hanno mostrato un’evoluzione continua del virus, simile a quella osservata nella diffusione tra individui in una comunità.

Le mutazioni e la loro implicazione sulla trasmissibilità del virus

Molte delle mutazioni osservate si trovavano nella proteina spike, essenziale per il virus per infettare le cellule. Dieci di queste mutazioni corrispondevano alle posizioni presenti nella variante Omicron, oggi largamente diffusa. Secondo William Hanage, epidemiologo della Harvard University e coautore dello studio, “le infezioni a lungo termine consentono al virus di esplorare modi per infettare le cellule in modo più efficiente”. Gli scienziati suggeriscono che l’adattamento del virus a un singolo ospite potrebbe ridurre la sua capacità di trasmissione, anche se il rischio di sviluppare varianti più trasmissibili esiste. Questo rende cruciale il trattamento efficace dei pazienti con infezioni persistenti.

Confronto con un caso simile nei Paesi Bassi

Un caso simile è stato osservato nei Paesi Bassi, dove un uomo di 72 anni, anche lui immunodepresso, è deceduto dopo 613 giorni di infezione da Covid-19. Gli esperti sottolineano che, sebbene la maggior parte delle infezioni persistenti non produca varianti altamente trasmissibili, la possibilità non può essere esclusa. La gestione medica di queste situazioni è fondamentale per prevenire l’emergere di nuove varianti. Questo caso eccezionale sottolinea l’importanza di monitorare le infezioni a lungo termine e di sviluppare strategie terapeutiche per limitare l’evoluzione del virus nei pazienti immunodepressi.

Riproduzione riservata © 2025 - LEO

ultimo aggiornamento: 18 Settembre 2025 16:14

Riduzioni fino al 75% su IMU e TARI per la seconda casa: scopri come risparmiare